giovedì 30 luglio 2009

Michael Cashmore EPs (a gentile richiesta)

Ora però non tempestatemi con le richieste perchè:
a) non sono un juke-box;
b) non sempre potrò esaudirvele.
Ad ogni modo Michael Cashmore è un noto musicista e compositore inglese, oltrechè la chitarra dei Current 93, ed accanto ad una discreta discografia solista di genere chamber-pop strumentale, negli ultimi 2 anni ha sfornato un paio di EP con voci 'ospiti'. Il primo, del 2007, dal titolo 'The Snow Abides' vede 5 tracce, 2 strumentali e 3 con testi di David Tibet per la inimitabile voce di Antony. Ne scrissi abbondantemente agli albori di questo blog esattamente qui, mentre se voleste scaricarlo ed ascoltarlo lo trovereste qua. E' inutile che io ribadisca il fatto che trattasi di un piccolo capolavoro! Il secondo, uscito nel 2008, invece è più o meno sulla falsariga del precedente solo con toni più romantici e meno visionari. Si chiama 'Gabriel & The Lunatic Lover' e vede musicate due poesie del conte Eric Stenbock (1860-1895) uno dei primi poeti dichiaratamente gay della storia. Ovviamente non c'era nessuno meglio di Marc Almond che potesse interpretarle vocalmente. Lo potete scaricare qui! Mo basta però, che essendo tutta roba della Durtro/Jnana Records non vorrei trovarmi fra capo e collo un'anatema infernale da parte dello stesso David Tibet!!! :)

La Compilation di Luglio

Qualcuno stava aspettando la mia compilation di Luglio? Naturalmente tratta da album in uscita e qualche nuovo singolo (Pearl Jam, Muse, DM Stith, Antony & The Johnsons):

01. The Fixer - PEARL JAM
02. Divide & Conquer - VANDAVEER
03. Crazy In Love - ANTONY & THE JOHNSONS
04. United States Of Eurasia - MUSE
05. Be My Baby - DM STITH
06. Dog Days Are Over - FLORENCE + THE MACHINE
07. Skyscraper - JULIAN PLENTI
08. First Days Of Spring - NOAH & THE WHALE
09. The Wind Has Came - THE BUILDERS & THE BUTCHERS
10. I'm Going Away - THE FIERY FURNACES
11. All Blues Hail Mary - JOE HENRY
12. The Times - LIGHTNING DUST
13. Under The Rocks And Stones - HEADWATER
14. Begging My Weakness - BARNABY BRIGHT
15. Year In The Kingdom - J.TILLMAN
16. Hiram Hubbard - AMONG OAK AND ASH
17. Spirit Of The Stairway - RICHARD WALTERS
18. Charlie Darwin - THE LOW ANTHEM
19. Hope Dies Last - MAGNOLIA ELECTRIC CO.
20. WW II - ST. AUGUSTINE

giovedì 23 luglio 2009

Il mio Disco della Settimana (25, 26 e 27 in pillole)

Luglio sta volgendo al termine e mi accorgo che sono rimasto decisamente indietro con le novità musicali più interessanti in cui mi sono imbattuto. Recupero quindi con un trittico che definire solo interessante è un pò sminuirne la portata e lo faccio con delle recensioni più stringate delle mie solite. Ciò non significa che saranno meno indicative, visto che come avrete potuto leggere, a volte riesco a perdermi facilmente dentro alle mie stesse parole. Ma andiamo con ordine:

Noah & The Whale - The First Days Of Spring

Passati anche loro, come Moltheni, per uno strepitoso live al Lazzaretto qualche giorno fa, col loro 'The First Days Of Spring' i Noè e la balena si confermano come una delle migliori e più originali band inglesi di questi ultimissimi tempi. L'album è buono, se non ottimo, nel suo fondere l'impressionismo cantautorale di Sufjan Stevens, il prog-folk dei The Decemberist e la propensione orchestrale di Rufus Wainwright. Originali gli arrangiamenti fra il sinfonico ed il bizzarro (dal vivo il bassista suonava contemporaneamente basso e glockenspiel) e senza più ospiti vocali femminili (Emmy The Great e Laura Marling) con la vocalità svogliatamente deprimente alla Bill Callahan di Charlie Fink finalmente centrata ed accattivante. L'unico appunto che potrei fare sarebbe solo che se questi per loro sono i primi giorni di primavera non oso immaginare quali suadenti malinconie li avvolgeranno all'approssimarsi dell'autunno, ma il disco si lascia ascoltare davvero bene, ma che dico: benissimo!
VOTO: 8+


J.Tillman - Year In The Kingdom


Fra le tante cose che non riesco davvero a capire per quanto concerne i meccanismi del successo in ambito musicale, quella che riguarda Tillman è una delle più incomprensibili. Cioè non riesco davvero a capacitarmi come dopo il successo di critica e pubblico di Justin Vernon aka Bon Iver (di cui è una sorta di padre putativo) e dei Fleet Foxes (di cui rimane sempre il batterista) il buon Tillman, giunto al suo sesto album solista, rimanga sempre ai margini della notorietà. E pensare che già 'Vacilando Territory Blues' uscito a cavallo di quest'anno era già di una notevole spanna superiore ai lavori dei due citati poc'anzi e questo 'Year In The Kingdom' è poi se possibile migliore. Testi al limite del misticismo e sensibilità lo-fi degna del miglior Micah P. Hinson, Tillman con la consueta essenzialità (che non significa però 'minimalismo' in senso stretto, viste anche le soluzioni in termini di arragngiamenti) sforna un piccolo gioiellino cupo ed arioso al tempo stesso. Assolutamente da segnalare.
VOTO: 8


Joe Henry - Blood From Stars
Ritroviamo Henry esattamente come lo avevamo lasciato su questo blog, cioè non con l'altrettanto ottimo 'Civilians' del 2007, bensì col raffinato lavoro di producing fatto per Toussaint e il suo ' The Bright Mississippi' e la traccia d'apertura dell'album è uno strumentale pianistico di rara intensità. E' solo l'introduzione però, che Joe Henry è al solito attratto da altro genere di cose quando si mette a fare il cantautore. Quali cose? In due parole: "Mule Variations'. Non mi viene in mente altro per sintetizzare musicalmente questo 'Blood From Stars', un miscuglio di rock, jazz, country, soul e folk, il tutto in salsa blues come solo Dio sa fare (ah, naturalmente Dio si chiama Tom e.. aspetta). Naturalmente non ne possiede il songwriting di taglio romanzesco, ne i guizzi di genialità, ma tutto questo viene mitigato dalla certosina cura del minimo dettaglio musicale, laddove in Waits sembra tutto più grezzo ed in qualche modo improvvisato. Certo quando ci si prefiggono tali Alti modelli e si vuol'essere addirittura più realisti del re il rischio che si corre è quanto meno quello che magari la chitarra 'parlante' di Marc Ribot sulla splendida 'Death To The Storm' alla fine ti rammenti più 'Sorella Luna' di Capossela che 'Make It Rain' del cui sopra Dio. Ma l'album è decisamente e comuqnue notevole! Davvero stra-consigliato.
VOTO: 8,5

A Night At The Opera.. i Queen? No i Muse!

Che ve ne pare? Personalmente sono un pochino interdetto. Chissà cosa ne pensa Freddie Mercury da lassù..

martedì 21 luglio 2009

Shara canta Nina (per Paolo)

Shara Warden (aka My Brightest Diamond) non era a Montreaux, ma questa sua versione voce, mani e piedi è decisamente adorabile, no?




Moltheni LIVE @ Lazzaretto (Ancona 20.07.09)


Il vecchio lazzaretto ad Ancona è un'isola fortino pentagonale costruita nei primi del 1700 a due passi, o due vogate se preferite, dal porto. Per secoli hanno transitato e soggiornato fra quelle mura ogni genere di genti e materiali in isolamento o solo quarantena di fronte ad epidemie, carestie e sciagure di ogni sorta. Ieri sera è toccato anche al più grande cantautore italiano vivente passare proprio di la e quasi quasi a pensarci bene la scelta della venue non è stata un'idea troppo bislacca. In fondo Moltheni e le sue canzoni sono esuli o comunque esiliate dalla salubrità massificata dell'uomo comune, al di fuori dal circuito affascinante (lo cito direttamente) dell'usa e getta quotidiano. E' difficile prosperare quando si è al di fuori di ogni schema, ai margini del sentire comune eppure è possibile semplicemente rappresentando se stessi nell'arte diventare punto di riferimento per tutte le altre persone al di fuori degli schemi, sebbene posizionate magari in differenti zone di frontiera. Per questo Umberto è il più grande e le sue canzoni veri e propri inni alla resistenza quotidiana con la loro liscia ruvidezza. Si presenta sul palco con una chitarra acustica, un cappello da contadino ed un barbone da far invidia agli ZZ-Top e comincia a dipingere, accompagnato da basso, batteria, chitarra elettrica e wurlitzer il suo folk psichedelico a larghe pennellate di pastello. A farla da padrone sono le riflessioni sullo scorrere del tempo e sulla morte dell'ultimo 'I Segreti del Corallo', ma non mancano alcune chicche del suo passato (addirittura l'opening track di 'Natura In Replay' il rinnegato album fatto col compianto Virlinzi per la Cyclope Records). Anche la sua voce dal vivo acquista una sicurezza ed una forza che spesso non la si ritrova nelle incisioni da studio dove sembra intimidita e sommessa. Gli arrangiamenti, soprattutto quelli delle vecchie canzoni, risultano anch'essi più fluenti e visionari col wurlitzer a fare da contrappunto alla sezione ritmica. Il tutto insomma parrebbe quasi perfetto se non fosse che ad un certo punto Umberto comincia a perdere la pazienza col pubblico. Il fatto è che i concerti gratuiti sono tutti un pò così: la banchina del lazzaretto è stracolma di gente, ma non tutti sono li per lui. E' il 20 di Luglio dopo una giornata di lavoro afosa, dal mare tira una brezza dall'acre sapore salmastro rinfrescante almeno quanto le bionde alla spina del baretto dell'ARCI o le more in minigonna che affollano i tavoli coi loro chiacchericci. Aggiungeteci dell'ottima musica in sottofondo e magari un pò di fumo di quello altrettanto ottimo e vedrete che anche voi sarete un pò distratti dal contesto. Ma Umberto questo pare non gradirlo proprio e così una volta terminata la scaletta, comunque 2 ore di concerto, scende dal palco stizzito senza concedere bis. Il fatto è che noi Anconetani siamo gente all'apparenza decisamente spigolosa (leggasi: 'stronzi'), ma come ripeto è solo e tutta apparenza e anche Umberto in fondo è uno di noi (è nato e cresciuto a soli 50 chilometri da qui) per cui eccolo dopo poco al baretto dell'ARCI con una birra in mano anche lui a baciare e salutare tutti affettuosamente. La quarantena è finita.

Setlist:

Vita Rubina (da 'I Segreti Del Corallo')
Gli Anni Del Malto (da 'I Segreti Del Corallo')
Il Circuito Affascinante (da 'Natura In Replay')
L'Età Migliore (da 'Toilette Memoria)
Oh Morte (da 'I Segreti Del Corallo')
In Porpora (da 'Splendore Terrore')
L'Amore Acquatico (da 'I Segreti Del Corallo')
Corallo (da 'I Segreti Del Corallo')
L'Attimo Celeste (da 'I Segreti Del Corallo')
Petalo (Inedito)
Nella Mia Bocca (da 'Toilette Memoria')
Montagna Nera (da 'Io Sono Come Te' EP)
Il Bowling O Il Sesso (da 'Fiducia Nel Nulla Migliore)
Suprema (Da 'Splendore Terrore')
Ragazzo Solo Ragazza Sola (da 'I Segreti Del Corallo')
Eternamente Nell'Illusione Di Te (da 'Toilette Memoria')

venerdì 3 luglio 2009

Il mio Disco della Settimana (24)

Questo è un disco che cresce ad ogni ascolto, garantito..

VUK - The Plains


Release Date: April 24, 2009
Label: Johanna Kustannus/Pyramid
Genre: Experimental

1. Flint in The Pines
2. The Arms of Spirits
3. Red-beard
4. Accidental Mermaid
5. Gramophone and Periscope
6. Barefoot in Arizona
7. Kiss The Assassin
8. All My Worries
9. The Plains

“[...] The Plains esplora paesaggi virtuali, reconditi, giardini, carnevali, funerali e territori sottomarini, alimentati da sogni, meditazioni, memorie e Spaghetti-western. [...] C’è qualcosa, portato dai venti del Nord, che proviene da un punto non ben individuato della sconfinata foresta finlandese, che arriva fino a noi. Immagini sconnesse che si fanno via via più definite… Abbarbicata sullo scranno dell’organista in una cappella sepolta nel muschio, Vuk scaglia la sua voce elegante ma ferma: il pentacolo incandescente davanti all’altare evoca con forza lo spirito di Nick Cave. Preghiere ataviche di religioni dimenticate incorniciano desolate distese dell’anima, violentata dalle fiammate inquietanti di una voce ultraterrena. Melodie rubate da musicisti ambulanti dell’Europa devastata dalla peste, untori strappati alla vita terrena di remoti villaggi ungheresi per un’immortale esistenza di schiavitù. [...] Attraverso le note, Vuk spia ciò che si agita nel profondo dell’ascoltatore, attraendolo con forza verso freddi abissi di oblio, in cui echeggiano le grida e i lamenti di milioni di anime [...]". Ora capirete bene che mi è un pò difficile aggiungere qualche parola alla recensione così evocativamente precisa di Lorenzo Righetto su Monthly Music, però dovrò comunque farlo. Orbene innanzi tutto potrei cominciare a dirvi che sotto il moniker 'Vuk' si cela la 27enne Emily Cheeger, metà finlandese e metà newyorkese, ex Dirty Projectors e multistrumentista (su 'The Plains' suona organo a pompa, fisarmonica, armonica, xilofono, theremin, kalimba, kantele, piano, chitarra, basso e ogni genere di percussione e questo dovrebbe già dare un'idea dal taglio musicale che lo indirizza). E dunque, nonostante le origini il suo album risulta tanto lontano dalle rotonde orchestrazioni pop scandinave quanto dalle spigolosità della scena alternative di New York. Il fatto è che Vuk riesce a creare una sorta di realtà alternativa attraverso la fusione di più piani musicali differenti e ad incastrarti dentro questo mondo parallelo è proprio la sezione ritmica, diciamo concrete oriented. Non siamo ai livelli di Tom Waits su 'Bone Machine' (la macchina delle ossa, appunto, quando perlustrava tutte le pattumiere di L.A. alla ricerca di materiali ed oggetti disparati da usare come percussioni in studio di registrazione), però risulta indubbia una certa ricerca in questo senso anche da parte di Emily. Allo stesso modo anche il suo fascino vocale gioca un gran ruolo in questo percorso musicale, con versatilità, estensione e modulazione, Vuk è in grado di passare con estrema naturalezza dalle potenti escusrioni vocali in stile Bjork, fin alle eteree fragilità alla Kate Bush. Ecco proprio la Bush è l'unico nome che mi balza in mente se dovessi fare un paragone, più antropologico che musicale, tra Vuk e qualsiasi altro artista. Spendo infine qualche parola sui pezzi del disco, tutti di grande impatto e messi in tracklist con un crescendo deflagrante. A cominciare dal mantra sciamanico di 'Barefoot In Arizona' (il pezzo che ho messo nella mia compilation di Giugno, passando per 'Kiss The Assassin' (che prodotta da Timbaland e cantata da Beyoncè con gli inserti rap di Jay-Z sarebbe la Hit dell'anno in tutte le charts) e per l'esotica 'All My Worries' (che comincia col profumo di 'Libertango' per virare decisamente verso sapori di samba e rumba brasileira) e per finire con la title track, una suite di quasi 7 minuti che compendia tutto l'album coi suoi differenti movimenti musicali che si sussieguono e la voce di Vuk che declama una sorta di canto pagano. 'The Plains' è un disco alieno e forse non adatto a tutte le orecchie insomma, ma caspiterina se non è un gran disco!

Voto: 8,5

giovedì 2 luglio 2009

Un disco per l'estate (1004,5=2009/2*1)

Prestissimo parlerò del mio (nuovo) disco della settimana, che per la gioia di Fandorin sarà 'The Plains' di Vuk, però siccome abbiamo appena superato la prima metà dell'anno e nel contempo le vacanze si stanno avvicinando, io mi sono preparato una super-compilation da ascoltare in spiaggia sull'iPod. Il titolo è 1004,5 (nel senso della prima metà di 2009) e racchiude un pò tutti i dischi di cui ho scritto qui sul blog, cercando anche quando possibile di inserire tracce diverse rispetto a quelle che ho messo nelle compilations mensili. Ora non vi starò ad elencare pedissequamente la tracklist, cosa ci trovate dentro è lapalissianamente intuibile dalla cover art..

Segnalerei solo la intro (un mio piccolo doveroso omaggio a Michael Jackson di cui pure, confesso, non sono mai stato fan) e la traccia conclusiva 'And ever again' degli A Band Called Quinn, che essendo la prima traccia in ordine alfabetico (sia per titolo che per nome del gruppo) sul mio iPod m'è divenuta piuttosto familiare a forza di partire per (mio) errore! :)